La prova scientifica e la verifica di accettazione generale.


Non è affatto superfluo, anzi è doveroso precisare che non basta avvalersi della scienza in ambito processuale per poter ritenere utilizzabile una prova scientifica ai fini della decisione, ma è necessario verificare altresì che di essa e del metodo scientifico non si sia fatto un cattivo uso. Ciò al fine di evitare che una conoscenza, benché veritiera, possa tradursi in un risultato inattendibile e dunque inutilizzabile ai fini processuali. Del resto anche la migliore delle scienze, se applicata scorrettamente e senza il rispetto degli standard di controllo può condurre a falsi o inesatti esiti.

Peraltro, la scienza avanza incessantemente, fa continui progressi, introduce nuove procedure scientifiche e pratiche rivoluzionarie che possono mettere in discussione quanto stabilito ed accettato in precedenza, che potrebbe rivelarsi in un secondo tempo inadeguato, sia scientificamente che processualmente.

Il punto nevralgico in questo genere di prove specialistiche sta nel definire quando un principio scientifico o una scoperta attraversa il confine tra la fase sperimentale e quella dimostrabile.

Ma a chi spetta questo genere di verifiche in sede processuale?

Sicuramente agli esperti (naturalmente che siano a loro volta credibili ed affidabili) oltre che al consenso della comunità scientifica di riferimento, considerato che il giudice non dispone (spesso) degli attrezzi logico-scientifici per padroneggiare un vaglio di questo carico e gli sarà indispensabile la mediazione degli esperti per interpretare i risultati raggiunti e per soppesarne il valore probatorio.

Si pensi all’ipotesi in cui vada accertato il nesso eziologico tra un nuovo farmaco (il suo principio attivo) e la morte di un paziente al quale esso è stato somministrato. Il problema prioritario risiederà innanzitutto nel determinare la pericolosità del medicinale, la causalità generale e quella individuale e sciogliere altrettanti cruciali interrogativi.

In caso di questione scientifica controversa gli esperti dovrebbero ESSERE IN GRADO DI RICONOSCERE LA FORZA PROBATORIA DEL PRINCIPIO E/O DI UN METODO che deve essere sufficientemente stabilito e deve aver ottenuto l’accettazione generale da parte quanto meno di un segmento significativo della comunità scientifica associata. Ciò dovrebbe assicurare che le conoscenze extra-giuridiche vengano correttamente gestite “dal diritto per il diritto” facendo entrare nel processo la scienza nella misura in cui essa risulta controllabile ed affidabile nell’uso probatorio.

Talune volte, quando la questione scientifica si presenta particolarmente controversa, sarà necessario avvalersi o fornire un certo numero di esperti per parlare di validità del principio/risultato scientifico affinché il giudicante pervenga a decisioni di affidabilità ed accettazione generale o diffusa da parte della comunità di riferimento oltre che di imparzialità intesa come obiettività, vale a dire aderenza allo statuto scientifico e ai dati.

Gli strumenti attraverso cui consentire l’ingresso dell’operato del perito sono vari ed indicati dal codice di rito penale. Essi vanno dall’accertamento tecnico su iniziativa della polizia giudiziaria (354 cpp) alla consulenza endoperitale (225 cppp) ed extra peritale (233 cpp); dall’accertamento tecnico ad iniziativa del PM (359-360 cpp) all’accertamento tecnico ad iniziativa del difensore della persona offesa e dell’indagato (391 decies cpp).

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